Le donne nel retroterra del fronte dell’Isonzo

L’ondata di entusiasmo collettivo per la guerra si era placata dopo i primi mesi di combattimenti. Sui campi di battaglia, disseminati in tutta Europa, la guerra aveva palesato il suo volto crudele e sanguinario. Di mese in mese il numero dei caduti aumentava. La macchina militare pretendeva sempre nuovi coscritti, mentre nelle retrovie dei fronti dopo ogni battaglia gli ospedali venivano riempiti da feriti e mutilati. Nei maggiori centri urbani emergevano con sempre maggiore intensità i segni della crescente indigenza che in molte città austriache, come Lubiana, Capodistria e Trieste, indusse le donne più bisognose a manifestare sulle piazze per reclamare una distribuzione più equa dei beni essenziali. La scomparsa di alcuni generi di prima necessità portò la popolazione a modificare il proprio regime alimentare, il contrabbando fioriva e spesso le donne erano indotte a trasgredire alle leggi di guerra.

Gli sforzi profusi dalle armate in combattimento richiedevano alla popolazione civile un coinvolgimento crescente sia sotto il profilo dell’apporto materiale che spirituale. Da questo punto di vista non era possibile riscontrare differenze sensibili tra le nazioni in guerra. Le autorità auspicavano che le donne e i bambini si sarebbero inseriti nell’apparato della propaganda bellica ed impegnati nella raccolta di danaro così come dei vari materiali utili agli eserciti e soprattutto che si adoperassero a tenere alto il morale delle truppe. Le autorità davano per scontato il fatto che la popolazione civile potesse essere sottoposta ad ogni sorta di privazioni al fine di favorire l’esercito, così come costretta ad adattarsi per forza alle condizioni e ai bisogni della guerra. Anche la circostanza per la quale le donne erano obbligate ad assumersi la responsabilità dell’economia domestica, o anche dei mestieri tipicamente maschili, era conseguenza dei tempi e delle esigenze della guerra. Anche se i custodi della morale pubblica tendevano sempre più frequentemente ad alzare la loro voce contro la crescente dissolutezza nei costumi, che vedeva attratte le donne e le ragazze, era chiaro che la preoccupazione prevalente delle autorità sia militari che civili era quella di far sì che la popolazione civile, a prescindere del sesso, trovasse il modo per ingegnarsi a favore della vittoria finale.

Appena iniziarono le ostilità nell’Isontino nella primavera del 1915, la popolazione civile fu costretta, su ambedue i lati della linea del fronte, a migrare. Sul lato italiano le aree di retrovia erano abitate da donne e uomini – cittadini dell’impero austriaco, non solo di nazionalità italiana, ma anche tedesca e slovena – che sarebbero stati trasferiti all’interno del territorio italiano. Si stima che il numero dei profughi strappati alla loro terra e sparpagliati per la Penisola fosse attorno 12 mila. Sul versante austriaco l’esodo era stato attuato più lentamente e aveva interessato circa 80 mila abitanti. Nei territori austriaci del Goriziano e del Carso la popolazione viveva nelle zone adiacenti al fronte, di conseguenza l’intensificarsi degli scontri di mese in mese finiva con il minacciare sempre di più le loro vite. Per queste persone il trasferimento nell’entroterra voleva dire doversi adattare alla condizione di sfollati in territorio sloveno, ossia insediarsi in quei campi profughi che le autorità austriache avevano collocato all’interno del paese.

La famiglia

La guerra influiva pesantemente sulla vita quotidiana interrompendo i ritmi e le pratiche abituali della vita famigliare precedente. I padri, che partecipavano alla guerra lontano da casa, potevano mantenere i rapporti con le loro famiglie unicamente attraverso il servizio postale. Le loro mogli assumevano i compiti dei capifamiglia impegnandosi, in assenza dei maschi adulti, a gestire l’economia domestica sia nelle fattorie e sia nelle botteghe artigiane, nei negozi e nelle aziende.

L’educazione dei figli era diventata un’incombenza delle madri, zie e nonne. A causa dell’andamento discontinuo dei servizi scolastici, dell’assenza dei padri e in generale del sovraccarico di lavoro e di incombenze sofferto dai membri adulti delle famiglie, i bambini restavano spesso senza la dovuta assistenza e sorveglianza. Soprattutto nelle città si diffondeva la delinquenza giovanile, conseguenza dalla crescente povertà e dal deterioramento dell’ordine patriarcale. Gli interventi di assistenza che lo stato offriva alle famiglie, i cui maschi si trovavano al fronte, riuscivano a malapena a mitigare le conseguenze degli
accresciuti bisogni.

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Vojak se pred odhodom na fronto poslavlja od svoje družine.

Vir: Muzej novejše zgodovine Slovenije.

Podeželski duhovniki so se v spomenicah pritoževali nad obnašanjem otrok in mladine.

Vir: Nadškofijski arhiv Ljubljana.

»Vzgoja materinska trpi zaradi odsotnosti mož, nahajajočih se v vojski. Otroci nimajo pravega strahu. Vrh tega je pa več otrok moralno manjvrednih, ker so bili očetje pijanci. Na teh se kažejo žalostne posledice alkohola. Vrh tega pa tudi slab vpliv bolj spridenih otrok zelo slabo vpliva na otroke. A mnoge matere so za take nevarnosti naravnost slepe.«

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V Kopru so 23. aprila 1915 potekale demonstracije zaradi podražitve živil. Oropanih je bilo več lokalov in trgovin, nekatere izgrednike so privedli na sodišče, med njimi je bilo veliko mladoletnic in mladoletnikov. Med sodnim postopkom so oblasti izpostavile pomanjkljivo vzgojo otrok kot posledico odsotnosti očetov.

Vir: Archivio di Stato di Trieste.

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Prijavna pola za dobivanje državne podpore po zakonu z dne 26. decembra 1912, državnega zakonika št. 237.

Vir: Archivio di Stato di Trieste.

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Stiska družine ob odsotnosti očetov.

Vir: Ilustrirani glasnik, 20. 9. 1917.

Odlomek iz pisma Matevža Demšarja svoji ženi Marjani, Trnovo pri Ilirski Bistrici,
9. avgusta 1914.

Vir: Loški razgledi, 1985.

»Draga žena: pred kot i nadalje pišem, vas vse skupej pozdravim in vam naznanim, da sem tista karta dobu, ali razomet pa nisem mogu, ker več puštob manka, da ne vem nič, kaj ste mi pisal druzega, kakor, da ste žito spravili; žito kar v kazuc denite, da se posuši in potem ga pospravite, kamor ga veste, ker jest ga skoraj gotovo mlatu ne bom letos. Novega vam ne vem kaj pisati, zdrav sem, hvala Bogu.«

Morale pubblica

Le condizioni di caos prodotte dalla guerra, quando i legami famigliari erano stati resi più complicati a causa della maggiore mobilità territoriale delle popolazioni, ebbero un forte impatto sull’ordine sociale sotto il profilo strettamente morale. Il comportamento degli uomini, ma anche delle donne, divenne più audace, mentre la loro vita sessuale incontrava una maggiore promiscuità rispetto ai modelli di vita precedenti. I giornali inglesi raccontavano come le ragazze “impazzivano” per i maschi nelle uniformi militari a cachi. La “febbre del cachi” aveva contaminato anche molte ragazze slovene, soprattutto nelle zone lungo il fronte dove dominavano l’incertezza e la povertà.

I custodi della morale pubblica avevano rinnovato le loro preoccupazioni per la dignità delle donne non soggette al controllo dei maschi i cui comportamenti immorali avrebbero potuto mettere a repentaglio “l’onore nazionale”. Nei territori sloveni erano stati soprattutto i sacerdoti a richiamare l’attenzione sugli abiti scandalosi delle donne, sui loro comportamenti licenziosi, sulle occhiate maliziose lanciate ai soldati e in generale sull’impiego disdicevole dei
sussidi militari.

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S propagandnih razglednic je mogoče razbrati, da so bili vojaki pri dekletih zelo priljubljeni.

Vir: Muzej novejše zgodovine Slovenije.

Podeželske duhovnike je ob prihodu vojakov skrbela morala vaških deklet.

Vir: Nadškofijski arhiv Ljubljana.

»Društveno življenje sedaj počiva, ker nas zanima sedaj samo branje o vojski. Marijine družbe pa delujejo kot prej ali še bolj, ker je teren bolj mehak in torej lahko orjamo bolj na globoko. Samo vojakov se bojim k nam, ker je skušnja pokazala, da so nekatere punice tudi iz M. D. zares kar nore nanje. Pri zadnjem shodu sem glede tega izrazil svojo žalost … pa bolje je bilo šele tedaj, ko so vojaki odšli.«

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Druženje lokalnih deklet z vojaki.

Vir: Muzej novejše zgodovine Slovenije.

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Po časopisnih navedbah naj bi se ženske v času vojne pogosto vdajale pijančevanju.

Vir: Domoljub, št. 45, 1914.

Moralisti so opozarjali na 'pohujšljivo' žensko modo, neprimerno za resne vojne čase.

Vir: Bogoljub, št. 8, 1916.

»Ravno zdaj v času te groze – še hujše norosti kot prej /…/ mlade punčare se oblačijo tako, da so kakor opice /…/ z docela golimi bedri letajo po ulicah.«

Il cibo

Nel secondo anno di guerra la mancanza dei generi alimentari primari ha modificato radicalmente le consuetudini alimentari della popolazione. Il blocco continentale, ovvero le restrizioni sugli scambi internazionali applicate dopo l'apertura del fronte isontino, aveva causano grandi difficoltà di approvvigionamento anche dei generi più essenziali. Il cibo ha iniziato a mancare soprattutto a partire dall’inverno 1915.

Gli appelli per la raccolta di frutti commestibili, per la moderazione nel consumo di generi alimentari, di combustibile, sale, olio, farina e pane, erano diventati parte della vita quotidiana. Il pane e altri beni alimentari essenziali erano sottoposti a razionamento. Alla riduzione sistematica dei consumi e della quantità di cibo venivano anche ad aggiungersi le operazioni di censimento e le requisizioni indirizzate soprattutto alla popolazione delle campagne. La carenza di beni alimentari determinava la loro ascesa nei prezzi. Mancava la farina di frumento. A causa di svariati ingredienti dannosi aggiunti alle farine, il pane era diventato più indigesto per cui è stato denominato Kriegsbrot, pane di guerra. Data la generalizzata penuria di beni e l’aumento dei prezzi si era diffuso il contrabbando, l’accumulazione occulta di cibo, le truffe con i provvedimenti di sostegno, l’innalzamento dei prezzi, i furti ecc. Le donne erano spesso le protagoniste di questi atti illegali che le portarono davanti ai giudici.

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Tržnica v Gorici..

Vir: Goriški muzej

Vir: Ljudska hrana v vojni časih, Novi čas, 18. 3. 1915. (www.dlib.si)

»Vaši očetje, bratje in možje so v vojni. /…/ Žrtvujte se tudi Vi za domovino, za katero jemljejo naši junaški vojaki nase vsak dan tako velike žrtve. Vsakdo deluj za varčnost z zalogami naših živil in si tako prizadevaj, da se izkaže vrednega velike dobe.«

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S propagandnimi prikazi zadostnih zalog hrane je država mirila prebivalstvo.

Vir: Ilustrirani glasnik, 11. 2. 1915. (www.dlib.si)

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Nesoglasja med avstrijskim in ogrskim delom monarhije so se kazala tudi pri prehrani. Z žitom bogata rodovitna Ogrska ni hotela deliti zalog s čedalje bolj lačnim avstrijskim delom.

Vir: Novi čas, 18. 3. 1915. (www.dlib.si)

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Marija Remec (1869–1956), avtorica Varčne kuharice (1915).

Vir: Narodna in univerzitetna knjižnica, Ljubljana.

Inservienti

Allo scoppio della guerra le donne incominciarono ad entrare nei servizi della Croce Rossa. Nelle file di quest’organizzazione si trovavano sia le donne borghesi che aristocratiche, in parte minore, le lavoratrici e le contadine. Questo accadeva nonostante lo scetticismo imperante diffusosi in Europa, ma anche da ambedue le parti del fronte italo-austriaco, grazie all’impegno femminile contro il “servizio alla guerra”. Già nei primi mesi del conflitto era apparso chiaro che l’assistenza ai feriti offerta dalle crocerossine sarebbe stata di importanza vitale. Se all’inizio della guerra il personale sanitario femminile era rimasto relegato alle retrovie, in seguito era apparsa chiara la necessità, dovuta in parte alla mancanza di personale sanitario maschile ed in parte alla violenza dello scontro, di impiegare le inservienti sanitarie anche in prossimità della linea del fronte nelle unità sanitarie e chirurgiche mobili. L’assistenza sanitaria era stata fornita dalle stesse donne anche sui treni che trasportavano i feriti verso le aree interne del paese.

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V Rdečem križu dežele Kranjske so bile še posebno dejavne plemkinje in pripadnice ljubljanske meščanske elite. Na fotografiji so Barbara Laschan pl. Moorland (sedi v sredini) s hčerko Sofijo baronico Sommaruga (sedi skrajno levo). Od leve zgoraj: gospa Paulin, Helena Bretl (vdova Naglas) in gospa Šarabon. Spodaj skrajno desno: Rosy Bleiweis pl. Trsteniški (roj. Souvan), Berta Triller. Druga z desne je neznana.

Vir: Mariano Rugàle, Miha Preinfalk, Blagoslovljeni in prekleti, I. del, 2010.

Vir: Evgen Lampe, Dnevniški zapiski dr. Evgena Lampeta: 1898–1917, 2007.

»Na začetku vojne je v ljubljanskem Rdečem križu prihajalo do trenj med slovenskimi in nemškimi članicami društva: »Dr.Triller se je pritoževal, da so njegovo ženo šikanirali, ko je v licej češkim ranjencem za priboljšek prinesla buhteljnov. /…/ Gospa Högler pa naj bi pri sprejemu na kolodvoru ranjencu, ki se ji je zahvalil, odgovorila: 'Windisch wird hier nicht verstehen!'« Gospa Högler je bila primorana zapustiti Rdeči križ, potem ko »je nekoč letala zopet okoli ranjencev s cigaretami in izpraševala, kje so Nemci, je naletela na nekega Čeha. Ko ji je rekel, da je Čeh, mu ni hotela dati. Nato je pristopil nek častnik, ji s sabljo odrezal trak z rdečim križem z rokava in jo zapodil.«

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Prenos ranjencev na ljubljanskem kolodvoru. Evgen Lampe je v svojem dnevniku komentiral: »Dame, ki pridejo k sprejemu ranjencev, so bolj na poti kot za pomoč.«

Vir: Ilustrirani glasnik, 17. 12. 1914. (www.dlib.si)

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Lucy Christalnigg (1872–1914), rojena Bellegarde, je bila avstrijska plemkinja, grofica, dirkalna voznica in odbornica Rdečega križa. Bila je prva žrtev prve svetovne vojne v Soški dolini in na Slovenskem. Trinajst dni po začetku prve svetovne vojne, 10. avgusta 1914, sta jo na poti iz Celovca v Gorico na Brezovem pred Srpenico v dolini Soče ustrelila domačina, ker na ukaz patrulje ni ustavila avtomobila. V njem je grofica prevažala blago Rdečega križa.

Vir: sl.wikipedia.org

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V času vojne se je v Ljubljano vrnila tudi najbolj prominentna ljubljanska Nemka Lina Kreuter Galle, ki je spodbudila ljubljanski Rdeči križ, da je začel zbirati sredstva za 'okrepčevalni vlak'.

Vir: Okrepčevalni vlak gospenjega odseka 'Deželnega in gospenjega pomožnega društva Rdečega križa za Kranjsko', Domačin, 10. 4. 1915. (www.dlib.si)

Istruzione

Con l'inizio della guerra molti maestri erano stati chiamati alle armi. Le autorità scolastiche avevano sostituito queste persone con coloro che stavano appena apprendendo questa professione e che avrebbero seguito, dopo il mese di maggio del 1915, i bambini nella profuganza. L’apertura del fronte isontino aveva interrotto l’attività di insegnamento nei territori lungo la linea del conflitto. A causa della vicinanza del fronte il numero dei feriti nelle zone abitate crebbe considerevolmente. Gli edifici scolastici erano stati occupati per fini militari. Alcuni erano stati trasformati in ospedali di retrovia, dato che il numero dei soldati feriti, che avevano bisogno di assistenza medica, crebbe immediatamente dopo i primi scontri. Il servizio delle scuole materne era stato interrotto, a volte le attività di insegnamento erano stata trasferite nelle soffitte oppure nella case private.

Nelle scuole delle retrovie i bambini venivano inseriti in varie attività il cui scopo era quello di alimentare lo spirito patriottico e il sostegno morale ai combattenti. Gli alunni cercavano di dimostrare il loro pieno coinvolgimento nella “guerra totale” scrivendo lettere di auguri per le festività, oppure facendo essiccare la frutta, raccogliendo pezzi di metallo e lavorando a maglia le calze.

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Zaposlovalni tečaj goriških učiteljic v Ljubljani. Šolsko leto 1916/1917.

Vir: Slovenski šolski muzej.

Iz pisma Olge Šlebinger, roj. Simonič mami Rozi, 30. januarja 1915. Olga je bila poročena z Jankom Šlebingerjem, ki je v času prve svetovne vojne delal kot profesor na državni višji realki, pozneje pa je postal bibliograf, urednik, literarni zgodovinar in prvi ravnatelj Narodne in univerzitetne knjižnice v Ljubljani.

Vir: Barica Marentič Požarnik, Babičina beseda. Izdano v spomin ob 10-letnici smrti, 1977.

»Vojska pa se občuti pri vsakem koraku. Izmed Jankovih kolegov so šli zdaj spet v vojsko, tako da je od lanskih 24 učnih moči ostalo le še osem. Nadomestili pa jih bodo vse s poljskimi profesorji – begunci. Tako za zdaj šola še ne bo zaprta /…/ Bil je lep, jasen dan in otroci so zdravi in veseli. Nič ne vedo za naše skrbi, imajo vse, kar je treba, in skačejo, da je veselje.«

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Otroško zavetišče v Steinklammu v Spodnji Avstriji med St. Pöltnom in Amstettnom leta 1918.

Vir: Slovenski šolski muzej.

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Begunski šolarji z učiteljico Drago Medic pri pouku na prostem v Raschali v Spodnji Avstriji, severno od Dunaja, leta 1916.

Vir: Slovenski šolski muzej.

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Učni krožek z učiteljico Pavlo Makuc v otroškem zavetišču v Steinklammu v Spodnji Avstriji.

Vir: Slovenski šolski muzej.

Il mercato del lavoro

Nel secondo anno di guerra l'economia europea si era adattata alle esigenze della guerra. L'industria produceva per le esigenze degli eserciti, ma in mancanza di forza lavoro maschile le donne si impegnavano anche in professioni e mansioni “pesanti”. La percentuale di donne nelle professioni per le stesse non tradizionali era aumentata quasi ovunque nella monarchia, anche se le differenze tra le singole regioni potevano essere considerevoli. Gli stessi cambiamenti accadevano in Italia e nel resto dell’Europa.

Nei territori sloveni, caratterizzati da uno scarso sviluppo industriale, dove predominavano aziende di piccole dimensioni, l’occupazione femminile nelle professioni non tradizionali era cresciuta più lentamente che non nel resto dell’Austria (Vienna, Repubblica Ceca, Vorarlberg). La vicinanza del fronte dell'Isonzo ha avuto un impatto sul mercato del lavoro anche in Carniola e Bassa Stiria, aree troppo a rischio per potervi insediare attività di produzione militare intensiva. I cambiamenti nel mondo del lavoro delle donne erano inizialmente più evidenti nel settore dei servizi e dell'artigianato, in particolare nella ristorazione e nei commerci al dettaglio. Inoltre sempre più donne, soprattutto quelle rifugiate, venivano impiegate per le esigenze militari.

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Številne ženske so se kot pomožna delovna sila za vojsko zaposlile zlasti kot šivilje, perice in likarice.

Vir: Muzej novejše zgodovine Slovenije..
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T. i. karnijske prinašalke so na vojaške položaje v dolomitskem visokogorju v zameno za plačilo nosile v koših do 40 kg različnih dobrin in streliva. Obstajajo pričevanja o podobnih dejavnostih žensk za vojaške postojanke na Kolovratu.

Vir: Le Portatrici Carniche, 2005.

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Graf prikazuje različne deleže zaposlenih žensk v izbranih avstrijskih deželah med letoma 1913 in 1919.

Vir: Sigrid Augeneder, Arbeiterinnen in Österreich, 1982.

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Večina žensk na Slovenskem se sprva ni aktivno vključila na trg delovne sile. Pomanjkanje hrane je povzročilo trend selitev na podeželje, kjer so se ženske zaposlovale v kmetijstvu.

Vir: Muzej novejše zgodovine Slovenije.

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Šele proti koncu leta 1915 so se na državnem nivoju začele bolj množično in sistematično oblikovati pobude o mobilizaciji žensk v Avstriji s posebnim poudarkom na ženskem delu.

Vir: Slovenec, 20. 12. 1915. (www.dlib.si)

La propaganda bellica

Tutti i governi dei paesi belligeranti avevano messo in moto per l’occasione un’adeguata macchina propagandistica, al fine di convincere i cittadini della giustezza del loro operato e risvegliare gli spiriti patriottici anche tra la popolazione femminile. L’apparato militare, che riusciva a controllare e indirizzare i media, aveva messo anche in atto un sistema efficace di censura. Nei discorsi della propaganda militare le donne venivano rappresentate come vittime della guerra voluta dal nemico attraverso immagini allegoriche: ad esempio in Francia come tante Marianne, in Gran Bretagna come altrettante Britannie che esortavano i maschi ad unirsi ai soldati sul fronte.

Le donne raffigurate sulle cartoline e i manifesti incitavano i soldati a difendere le loro case da un nemico immorale e brutale. Questa propaganda riusciva a sfruttare efficacemente i casi di stupro e di violenza fisica perpetrati dal nemico sulle donne producendo tra la popolazione un crescente disprezzo per il medesimo. Alle donne veniva chiesto di contribuire al buon esito della guerra, di dedicarsi al risparmio, allo scambio di corrispondenza con i soldati al fronte, alla raccolta di mezzi per la guerra ed infine di offrire il proprio lavoro nella produzione, nelle unità d’appoggio e
nei servizi sanitari.

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Poziv ljubljanskim ženam in dekletom k darovanju za vojne invalide.

Vir: Laibacher Zeitung, 19. 6. 1915. (www.dlib.si)

Vir: Vili Prinčič, Pregnani: prva svetovna vojna. Pričevanja goriških beguncev, 1996.

»Po tednu dni so nas strpali v vlak in odpeljali v Ivreo, manjše mesto severno od Turina, kamor smo prispeli zvečer. /.../ Naslednji dan zjutraj smo bili priča nenavadnemu prizoru. Pred šolo se je namreč zbrala vsa vas, da bi videla te čudne ljudi. Šele kasneje smo izvedeli pravi vzrok. Plakati po mestu so namreč prikazovali Avstrijce s parklji in rogovi.«
— Jožef Primožič

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Razglas, ki poziva ženske proti plačilu k nabiranju in sušenju kopriv za vojne namene.

Vir: Muzej novejše zgodovine Slovenije.

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Razglas občine Ljubljana za dobrodelni dogodek 'Brambni ščit'.

Vir: Muzej novejše zgodovine Slovenije.

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Italijanska razglednica, ki prikazuje ravnanje avstro-ogrske vojske s civilnim prebivalstvom v Venetu po 12. soški ofenzivi.

Vir: Muzej novejše zgodovine Slovenije.

La sovversione e la criminalità femminile

Anche se le donne, a causa del carattere totalizzante della guerra, si dovettero adeguare rapidamente alle nuove condizioni imposte dal conflitto mondiale, alcune cercarono di resistere all’assolutismo di matrice bellica. In quel periodo è cresciuto sensibilmente il tasso di criminalità femminile. Le autorità perseguitavano le donne a causa del loro comportamento antipatriottico, filoserbo, filorusso o anche per offesa all’imperatore o vedute troppo pacifiste. Il mancato rispetto delle leggi e delle ordinanze da parte delle donne (furti, truffe, resistenza agli ordini, falsificazione di documenti, ecc.) è stato spesso il risultato della difficile situazione materiale e dei bisogni necessari alla sopravvivenza.

A causa della mancanza o la scarsa disponibilità dei beni più essenziali, le donne erano diventate protagoniste nel 1915 sia di proteste pacifiche e sia di vere e proprie sommosse violenti. In molte città della monarchia asburgica – come Vienna, Lubiana, Maribor, Trieste e Capodistria – sono scese in strada reclamando dallo stato misure eque di sostegno sociale.

Da non dimenticare che tra il 28 aprile e il 1° maggio 1915 le rappresentanti dei paesi belligeranti si erano riunite alla conferenza di pace dell'Aia chiedendo la fine del conflitto.

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39-letna Dominika Calluso, nabiralka las iz Trsta, je bila januarja 1915 obtožena nedomoljubnega vedenja. 5. marca 1915 jo je sodišče zaradi pomanjkanja dokazov oprostilo.

Vir: Arhiv republike Slovenije.

Vir: Poldka Kos, Nekaj spominov iz mojega življenja, v: Idrijski razgledi, št. 1, 1968. (www.dlib.si)

»V službo sem se vrnila šele čez poldrugo leto, toliko časa je namreč trajala disciplinska preiskava. Medtem sem dobivala le polovično plačo, kar je bilo zelo malo, saj je cela plača komaj zadostovala za preživljanje. Nazadnje so me kaznovali z ukorom, ker naj bi bilo moje obnašanje tako, da bi bilo moglo vzbuditi sum v moj patriotizem.«

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Gibanje števila ženskih kaznivih dejanj v Nemčiji med letoma 1913 in 1917.

Vir: Sebastian Von Koppenfels, Die Kriminalität der Frau im Kriege, 1926; Ute Daniel, The War from Within – German Working-Class Women in the First World War, 1997.

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72-letna Marija Notar iz Škofje Loke in 52-letna Ana Kopač iz Preske sta novembra 1915 v Medvodah orožnikom pokazali neveljavni identifikacijski potrdili in si s tem prislužili 10-dnevno ječo.

Vir: Arhiv republike Slovenije.

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Vir: Slovenski narod, 5. 3. 1918. (www.dlib.si)

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Leopoldina Kos (1889–1968).

Vir: Idrijski razgledi, št. 4, 1959. (www.dlib.si)

Lo sguardo maschile e femminile

Nelle lettere – che si possono contare in svariati milioni e che con cadenza giornaliera compivano il loro pellegrinaggio dall’entroterra al fronte e viceversa – si possono trovare riferimenti ad esperienze vissute, a paure e desideri, a sensazioni e speranze dei soldati, ma anche dei loro conoscenti e famigliari ed infine di coloro che corrispondevano con loro per sostenerli nel combattimento. Da questa grande “guerra di carta” risuonavano i pensieri di uomini e donne. Scrivevano figli, padri, fratelli partiti per il fronte, poi madri, mogli, sorelle e fidanzate che, o erano rimaste a casa, o erano state sfollate. Per quanto la maggior parte della corrispondenza di guerra che ci è rimasta appaia scritta da mano maschile, in alcuni casi si sono conservate anche lettere scritte da donne. Va da sé che le annotazioni diaristiche venivano compilate soprattutto dai soldati. In alcuni casi vi si trovano riferimenti a qualche donna. L’ esperienza di guerra, che sul campo di battaglia creava una netta demarcazione tra i “nostri” e il nemico, aveva pure introdotto con forza una rigida distinzione tra uomini e donne.

Nelle scritture più intime dei militi il pensiero andava alle loro madri, mogli e fidanzate, mentre per le donne, che loro stessi incontravano nelle vicinanze del fronte, gli stessi non avevano che parole aspre, cariche di rimprovero, soprattutto nei casi in cui queste frequentassero i loro compagni. Le trattavano da rinnegate, spie pericolose ed anche prostitute. Se da un lato gli autori delle lettere e dei diari potevano essere sinceramente in ansia per le loro madri, mogli, sorelle e promesse spose, giacché erano in apprensione per la perdita del loro status sociale minacciato dal deterioramento delle condizioni materiali causate dalla guerra, d’altra parte venivano facilmente turbati dalle innumerevoli tentazioni alle quali erano esposti i loro compagni. Le donne spesso si lamentavano per le condizioni portate dalla guerra e il calore perduto dell’intimità. A volte tra gli autori compariva anche la delusione ascrivibile al comportamento delle fidanzate che non riuscivano a cogliere quanto fosse efferata l’esperienza bellica, e di conseguenza non sostenevano a sufficienza il morale dei loro ragazzi che passavano le giornate rannicchiati in trincea.

Ivan Zupan, 19. 10. 1916.

Vir: Ifigenija Simonovič et al. (ur.), Vitomil Zupan: Važno je priti na grič. Življenje in delo Vitomila Zupana (1914–1987), 2014.

»Nekaj Tvoje pošte precej danes prejel. Neprijetno, da ne dobiš podpore od države ali jaz sem te redno opozarjal, hrani, dokler je čas, jaz vendar ne pošljem denarja, da se sproti porabi. Glej, da izhajaš kakor druge. Ta mesec bom skušal več poslati, ker imam kot kor. tudi več dohodkov … Ampak ne piši mi tako obupnih pisem. Saj vendar še ni vseh dni konec.«

Pismo Franca Rueha, 26. 8. 17.

Vir: Franc Rueh, Moj dnevnik 1915–1918, 1999.

»Tvoja prijateljica Špan se je precej zanimala v zadnjem času za to, kako jaz tukaj živim, ali sem Ti popolnoma zvest, itd. Čudni pojmi, ali ne? Saj v teh hribih, ko cele dneve hoda ni nobenega ženskega bitja, sploh ne bi bilo drugače mogoče, kot da sem ti zvest.«

Pismo Marije Grbec, 18. 5. 1915.

Vir: Pokrajinski arhiv v Novi Gorici.

»Bog nam more pomagati v teh strašnih razmerah sedanjega časa – to pa storimo kolikor mogoče, vsaki večer in vsako jutro ko molimo skupaj, potem če gre kdo k sv. maši ali k šmarnicam se vsakokrat spomnimo tudi na vas uboge trpine, in črez dan se tudi vedno spominjamo na vas. In tudi zdaj ko je začela šestnedeljska pobožnost v čast sv. Alojziju tudi takrat vedno kaj prihranimo za vas reveže – torej potem takem trdno upamo, da se bo dobro izšlo. Tukaj so zdaj začeli prerokovati o miru in tudi res kaže, da bo, ker našim gre prav dobro in prodirajo vedno naprej.«

Vir: Ilka Vašte, Podobe iz mojega življenja, 1964.

»Nekaj mesecev pozneje smo imeli neko dobrodelno prireditev pri pogrnjenih mizah v veliki dvorani Balkana. Sedela sem v večji družbi znancev in prijateljev. Moj mož je nastopal na odru kot solist in v zboru. Imel je bariton čudovite lepe barve. V odmoru je prišel k meni in mi prišepetal:

'Ozri se tja na drugo stran! Glej, žena dr. Žerjava, ki so ga kot srbofila in avstrijskega izdajalca zaprli, sedi tam pri veliki mizi popolnoma sama. Ali bi se ji hotela pridružiti? Kar sram me je, da jo pustijo samo sedeti, strahopetci!'

Moj mož sicer ni bil politični somišljenik dr. Žerjava, toda poznal ga je osebno … 'Seveda se presedem k njej! Le predstaviti me moraš, ker ne vem, če se me še spominja iz Ljubljane. Telovadili sva skupaj.'

'Prav, kar oprosti se tukaj in pridi!'

Storila sem, kakor je želel. Kako tudi ne! Saj sem bila še vedno - očetova hči!

Sedela sem ves večer pri izobčenki. /.../ Ko sva se po koncertu poslovili, mi je prisrčno stisnila roko in se mi zahvalila za družbo z običajno frazo, prišepetala pa mi je: 'Nikoli vam tega ne pozabim.'«

La popolazione civile
dopo l’avvio
delle ostilità sul fronte isontino

L’Italia dichiarò guerra all’Austria, sua precedente alleata, il 23 maggio 1915, domenica di Pentecoste. La notte dello stesso giorno le truppe italiane oltrepassavano il confine tra i due stati. Tra il monte Rombon e il golfo di Trieste fu creata una linea di fronte lunga più di 90 km, che sarebbe diventata teatro degli scontri più cruenti tra i due eserciti: l’italiano e l’austro-ungarico.

La popolazione delle valli dell’Isonzo sopportò il primo anno di guerra soprattutto attraverso varie forme di mobilitazione e militarizzazione che erano diventate esperienze quotidiane. Con la costituzione del fronte invece la guerra penetrò nei loro luoghi e raggiunse le loro dimore. All’istante anche questi abitanti si unirono ai quindici milioni di civili che – nelle varie regioni dell’Europa e della Turchia, a causa delle operazioni degli eserciti e dei conflitti inter-etnici – si erano trovati in esilio, spesso anche in condizioni di estrema povertà, e vittime di violenze.

I cento mila profughi, provenienti sia dall’Isontino e sia, anche se in parte minore, dalle zone dell’Istria, furono in primo luogo il risultato delle evacuazioni eseguite nelle zone adiacenti alla linea del fronte. Gli sfollamenti forzati furono fatti da parte austriaca in fretta e nel caos. Le persone costrette a lasciare le proprie case erano spaventate, soprattutto le donne, i bambini e gli anziani che si ammassavano sulle strade e nelle stazioni ferroviarie portandosi dietro solo l’essenziale utile alla sopravvivenza in luoghi lontani da casa. Solo alcuni di questi potevano contare sull’aiuto offerto o da parenti o da altri benefattori che vivevano nelle retrovie. Le autorità austriache avevano spedito la maggior parte di questi sfollati nei territori situati all’interno della monarchia, dove venivano creati dei campi per i profughi. Sul versante italiano di guerra accadeva invece che gli sfollati venissero inviati nei luoghi più disparati della Penisola.

»Začetek vojne smo doživeli v trenutku, ko našega očeta ni bilo doma. Naš primer ni bil osamljen, saj so razen redkih izjem vse družine ubrale pot begunstva brez svojih družinskih poglavarjev. Naše skrbne in hrabre mame so morale torej same nositi težo odgovornosti za preživljanje družin, v kateri so po navadi prevladovali mladoletni otroci, velikokrat celo dojenčki. Zlasti je bilo hudo za tiste družine, ki so se znašle na desnem bregu Soče, na takoimenovanem 'goriškem mostišču', tj. v vaseh Oslavje, Pevma, Štmaver, Podgora in Ločnik. Čez noč smo postali del prve vojne črte! Pred sabo smo imeli prodirajočo italijansko vojsko, za sabo Sočo.«

Pepca Gravner, Oslavje, 1911.

slika

Kraji v Italiji in Avstro-Ogrski, v katerih so živeli begunci iz Goriškega.

Vir : Vili Prinčič, Pregnani: prva svetovna vojna. Pričevanja goriških beguncev, 1996.

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